mercoledì 22 aprile 2009

L'Angelo Sterminatore

Ciclo di film sul Fantastico



L'angelo sterminatore (El angel exterminador)
Un film di Luis Buñuel. Genere Drammatico, b/n 95 minuti. - Produzione Messico 1962.

2 commenti:

luca valerio ha detto...

Buñuel è uomo di sinistra, di una sinistra libertaria, anarchica, blasfema; ma è anche, se non per convinzioni, per costituzione, un cattolico o meglio un vecchio cristiano iberico. In arte, è un realista, di un realismo frontale, violento, duro, ingenuo, nella tradizione picaresca; ma è anche un fantastico, un magico, un surrealista visionario alla maniera di Goya e di Dali. In quest’Angelo Sterminatore, Buñuel ha voluto darci l’allegoria del destino della borghesia. La ricca dimora stregata da cui non si può uscire, è la cultura borghese condannata all’impotenza dalle proprie contraddizioni; il gruppo degli invitati è la società borghese coi suoi vizi, le sue ottusità, le sue superstizioni, i suoi pregiudizi, la sua alienazione. La borghesia potrebbe risolvere i suoi problemi soltanto se avesse un po’ di buona volontà, un briciolo di immaginazione. Ma non ci riesce, rimane chiusa nel suo bozzolo funesto, è condannata. Abbiamo detto: allegoria; non rappresentazione simbolica. Infatti il simbolo è spesso oscuro, indecifrabile; l’allegoria invece è sempre molto chiara. Il simbolo sta addosso alla rappresentazione, la deforma; l’allegoria se ne sta lontana, permette il realismo più normale. Nell’Angelo Sterminatore Buñuel ha fatto un’allegoria, con un significato per niente oscuro da una parte e una rappresentazione del più normale realismo dall’altra.

Alberto Moravia

luca valerio ha detto...

Cos’è la vita? Soltanto un gioco della sorte, che fa ingranare le rotelle di un meccanismo inconoscibile. Nulla spiega nulla.
Se L’Angelo sterminatore è una parabola, diremo che è un po’ ermetica, e non siamo affatto convinti della spiegazione che noi stessi e gli altri ne danno. Ma l’allegoria non sembra nel film la cosa più importante. Buñuel, come sempre, irride nel "bel mondo" una società di gregari, schiavi della superstizione derivata dal culto delle apparenze, ma aggroviglia a tal punto le metafore che non sempre la critica antiborghese giunge al segno. Come si è visto in quanto Buñuel ha fatto più tardi, i suoi veleni sono sparsi ai quattro venti: a chi tocca, tocca, e la critica di sinistra non ha sempre ragione di trovare in Buñuel un compagno di strada. Il film invece è curioso (sebbene un po’ troppo lungo) e appassionante per l’atmosfera di suspense tragicomica che Buñuel ha creato con eccezionale abilità. Una parodia di Hitchcock non avrebbe potuto avere l’efficacia di questa opera di straordinaria fantasia, frutto di un umorismo nero che lascia il segno del sarcasmo e dell’isteria, e sembra nato da un’intelligenza gotica trasferita in un temperamento secentesco. L’innesto del surrealismo francese sull’amaro pessimismo spagnolo genera qui un mistero sul Tempo e sulla Morte che ottiene dai modi ironici della regia il sapore di un enigma farsesco, come appunto è la vita.

Giovanni Grazzini Il Corriere della Sera